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05/06/2021
Intervista al filosofo russo Alexander Dugin. “Tutte le società dovranno riorganizzarsi sulla base della loro storia, libere da ogni dogmatismo”
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Abbiamo avuto la fortuna di intervistare probabilmente il più grande filosofo vivente. L’ideatore della Quarta Teoria Politica. Colui che viene subdolamente definito dai cani da guardia delle élite liberal progressiste “il filosofo più pericoloso del mondo”.

Ci ha parlato di una terribile lotta tra un mondo morente e una nuova realtà emergente. Tra l’agonizzante sistema unipolare, che fa capo alla UE e agli Stati Uniti di Biden, e il sistema multipolare, costituito dal blocco Eurasiatico.

Dugin ipotizza un mondo nuovo, un mondo più giusto. Un mondo nel quale i popoli possano organizzarsi secondo la loro storia, la loro cultura, la loro religione senza dover rendere conto a un potere centrale soffocante e indifferente.

Dugin vede nella Russia la guida morale di questa grande rivoluzione culturale, storica, economica, geopolitica e politica.

Chi vincerà questa guerra? I globalisti non si fermeranno davanti a niente. Siamo pronti a combattere per la nostra libertà?

Questa intervista è un appello, una chiamata. Dobbiamo essere consapevoli di chi siamo, della nostra identità, della nostra storia, della nostra cultura. Il nemico è forte e insidioso. Per questo dobbiamo unirci in questa grande guerra che vede due realtà a confronto: le élite globaliste o i popoli del mondo. Tirannia o libertà.

*****

Ci può descrivere la situazione in Russia. In Italia arrivano informazioni parziali e spesso travisate sulla situazione Russia “post-covid”.

Credo che in Russia le restrizioni non siano stato tanto brutali come in Occidente. Ci sono tuttavia ancora alcune restrizioni per entrare nei teatri, cinema, alcuni ristoranti, così come per il rispetto della distanza fisica, però non sono così radicali.

Credo che rispetto alla situazione COVID di altri Paesi dell’Europa, la Russia sia, in qualche modo, tranquilla. Ma non possiamo dire che noi Russi abbiamo vinto il COVID. Non è vero.

Gli unici che hanno vinto davvero sono i Cinesi, che hanno isolato dall’inizio la regione attaccata dal COVID e ne hanno limitato l’accesso. In Russia non abbiamo fatto questo e di conseguenza abbiamo avuto molti contagi, ma i medici hanno lavorato e tuttora lavorano molto bene, eroicamente.

I vertici del governo non hanno gestito la situazione brillantemente, ma tutto sommato hanno reagito in modo adeguato. Non possiamo definire la risposta governativa eccellente, ma a differenza di alcuni Paesi Europei, che si sono rivelati catastrofici nelle scelte compiute, hanno svolto un buon lavoro.

Il blocco Eurasiatico sembra avanzare inesorabile. Mentre il blocco UE e Nord Americano sembra retrocedere sempre di più. Come stanno cambiando gli assetti geopolitici del mondo?

Viviamo in un momento critico e cruciale e siamo in piena transizione dall’ordine che si era creato negli anni Novanta del secolo scorso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. L’Unione Sovietica esisteva nel contesto del bipolarismo. Dopo il crollo di questo, si affermò un ordine unipolare che è durato, più o meno, fino al momento attuale.

Ma vent’anni fa prese corpo un processo alternativo che vide l’autoaffermazione di due poli alternativi all’unico polo atlantista: la Cina e la Russia. La Cina e la Russia appartengono all’Eurasia. Sono due grandi potenze che hanno cominciato a riaffermarsi e sono ritornate sulla scena storica come poteri indipendenti. All’inizio erano in competizione tra loro, ma a poco a poco hanno capito che per uscire dall’influenza occidentale era necessario creare un patto eurasiatico e affermare un ordine mondiale multipolare.

Questa fu la decisione chiave che contrappose all’ordine unipolare un ordine multipolare, nel quale già convivevano due poli: il polo, finanziario ed economico, cinese, e il polo, militare e strategico, russo.

L’Eurasia rappresenta un sistema alternativo all’Ordine mondiale unipolare. E vuole essere autenticamente un sistema multipolare, non di proprietà russa, o cinese: si vuole dare realmente la possibilità ad altri poli di affermarsi. Infatti questa multipolarità non è riservata ai Cinesi o ai Russi, ma si tratta di una visione molto più ampia del mondo, dove possono coesistere altri poli, indipendenti dagli Stati Uniti.

Ma gli atlantisti – come nel caso di Biden che è a sua volta atlantista, neocon e globalista radicale – non vogliono che il sistema multipolare si diffonda. Vogliono imporre il vecchio sistema unipolare.

Per questo siamo in mezzo a una transizione:  Biden, i globalisti, una parte dell’establishment americano hanno dichiarato guerra non solo alla Russia, ma anche a tutte le potenze e a tutti movimenti che sostengono la necessità di un nuovo ordine multipolare.

Hanno dichiarato guerra non solo alla Cina e alla Russia, ma anche al populismo americano, europeo, alle tendenze multipolari dell’America Latina, al mondo islamico: insomma a tutti coloro che sono a favore della multipolarità.

Il multipolarismo è diventato il nemico numero uno dell’unipolarismo. Ecco perché stiamo vivendo una transizione che possiamo definire radicale.

Possiamo affermare che il blocco Eurasiatico, fautore delle istanze multipolari cresca e le egemonie occidentali stiano crollando?

Le oligarchie occidentali hanno tuttora molto potere. Infatti possono vincere battaglie importanti:  per esempio in Italia, il governo giallo-verde, che coniugava le forze populiste di destra e di sinistra, venne distrutto da queste forze liberali globaliste.  

Vogliono distruggere i gilet gialli in Francia, dove esiste un’alleanza tra la destra populista e la sinistra populista. I globalisti sono pronti sferrare un ultimo grande attacco alla multipolarità.

Questo spiega l’attacco contro Putin, attraverso il tentativo di imporre Navalny;  la grande pressione militare contro la Cina e il tentativo di far penetrare la marina americana nel Pacifico per difendere Taiwan;  o il problema dell’Uyghur  o altre questioni sensibili per la Cina. Questo non dipende dal comportamento di Putin o di Xi Jinping.

Sullo scacchiere geopolitico, il sistema unipolare agonizzante si scontra in una lotta senza pari contro il sistema multipolare emergente. Questo è l’attuale assetto geopolitico globale.

Secondo lei, i poteri forti che controllano il blocco UE e il Nord America riusciranno a destabilizzare la Russia come hanno fatto con gli Stati Uniti o l’affare Navalny ha sancito l’impossibilità di penetrare il tessuto socio-politico russo?

Il caso Navalny ha mostrato che un intervento diretto nella politica interna russa non poteva avere alcun  successo, perché Navalny è quasi sconosciuto alla stragrande maggioranza della popolazione.

È un personaggio che non ha nessun appoggio popolare, se si escludono una parte della gioventù e della popolazione delle grandi città che sono a favore dell’Occidente e sono liberali, la cui massa critica dal punto di vista elettorale non è assolutamente percettibile. Questa gente rappresenta più o meno lo zero per cento nelle elezioni. Si tratta di uno zero statistico. Non è paragonabile alla situazione in Armenia dove esiste un’opposizione consistente . In Russia, statisticamente parlando, non c’è opposizione.

Per questo l’idea di penetrare nella politica interna russa è stata disastrosa. I globalisti non avevano nessuna possibilità di vincere, perché Navalny non è appoggiato da nessuno.

Ma era una prova per vedere come i Russi avrebbero reagito a un attacco. Possiamo inserire in un contesto di guerra sociale ibrida, il tentativo dei  globalisti di imporsi e di penetrare nella politica interna russa.  

Tentativo fallito, ma che ha permesso ai globalisti, anche grazie alla reazione violenta del governo russo contro Navalny, di rafforzare la NATO, di demonizzare Putin e di riallacciare le connessioni con l’Europa che con Trump si stava allontanando dagli Stati Uniti.

Biden è riuscito, con il caso Navalny, a ristabilire le relazioni, che si stavano sgretolando, con le èlite europee globaliste e occidentaliste. Per questo penso che ci stiamo gradualmente avvicinando a un confronto tra i sostenitori dell’unipolarismo e i sostenitori del multipolarismo.

Lo scontro decisivo è davanti a noi e non possiamo dire se vinceremo o perderemo per due ragioni molto importanti: se la Russia e la Cina vinceranno contro questo ultimo attacco sferrato dal potere morente atlantista americano occidentalista, rappresentato da Biden, significherà che l’ordine unipolare non esisterà più e che si formerà un nuovo status quo multipolare. Ma la guerra è la guerra e non possiamo sapere chi vincerà. In più gli Stati Uniti sono molto forti, malgrado la conclamata decadenza.

La Russia potrebbe rappresentare un faro di libertà nel mondo, anche attraverso la trasformazione in prassi politica della Quarta Teoria Politica?

Spero di si. La Russia deve e può avere questa funzione di faro di libertà. La Russia non deve sostituirsi alla dominazione americana, imponendo la propria egemonia, come durante la Guerra Fredda, quando vigeva un ordine bipolare. È molto importante che questo non accada. Questa è una missione totalmente diversa.

Per esempio, quando Putin si rivolge all’Europa non vuole convincerla a diventare pro Russia o pro America. Non si tratta di questo. Putin propone una cosa diversa.

Putin propone all’Europa di diventare pro europea.

Lo stesso al mondo islamico, al mondo cinese, al mondo indiano. È questa la proposta per un mondo multilaterale.

In questo senso, la Russia potrebbe e dovrebbe essere faro di libertà, ma questa volta della libertà vera, e non di una libertà che nasconde dietro di sé il dominio russo, mirante a colmare il vuoto creato dal crollo del dominio Nord Americano.

La Russia, questa volta, sinceramente sta lottando per la libertà di altre civiltà, di altri società, di altri Paesi.

E questa è la differenza sostanziale tra il mondo bipolare e il mondo multipolare. Solo in questo senso credo sia possibile interpretare la locuzione “faro di libertà”.

La Quarta Teoria Politica, che sto sviluppando, è un modo per opporsi al sistema dominante non attraverso recrudescenze quali il comunismo, il fascismo, o il nazionalismo. Queste sono forme politiche appartenenti alla modernità europea.

La Quarta Teoria Politica accetta tutte le forme politiche possibili fuori dalla modernità, dentro la modernità, occidentali, orientali, gerarchiche, democratiche, ma senza imporre un paradigma rigoroso. Non vuole pronunciare l’ultima parola nella logica internazionale e propone a tutte le società, a tutte le religioni, a tutte le culture, a tutti i popoli di sviluppare i propri concetti di politica.

La Quarta Teoria Politica non è un’ideologia come era l’ideologia liberale, comunista, fascista o nazionalista.

È una  proposta affinché i popoli scelgano ciò che è meglio per loro, fuori da certe logiche egemoniche di potere, unendo le forze al di là della modernità politica.

Non possiamo ridurre tutte le forme politiche al liberalismo, al comunismo, al fascismo. Dobbiamo lottare contro il liberalismo dominate ed egemonico, senza precisare la nostra posizione.

Dopo la vittoria sul liberalismo, ogni popolo potrà scegliere la propria Teoria Politica, fondata sulla religiosità islamica per il mondo musulmano, sulla tradizione come il mondo cinese o indiano, sulla teoria della sinfonia dei poteri bizantina come nel caso della Russia.

Inoltre tutte le società dovranno riorganizzarsi sulla base della loro storia, libere da ogni dogmatismo.

Per questo la Quarta Teoria Politica è essenzialmente antidogmatica e pluralista.

È la lotta comune per difendere il principio autodeterminazione dei popoli.  

Questo è il senso della multipolarità.

La Quarta Teoria Politica è la teoria che si sta sviluppando parallelamente con la teoria del mondo multipolare.

La Quarta Teoria Politica è la filosofia politica che corrisponde alla teoria del mondo multipolare.

Quanto potrà durare secondo lei il blocco UE e il Nord America? Come sperano di poter dominare il mondo, quando loro stessi hanno minato le fondamenta della civiltà che controllano (attraverso scelte scellerate quali lockdown, l’ideologia woke, green economy), mentre il blocco Eurasiatico (e anche Stati importanti come il Brasile), rispettando le differenti autonomie nazionali e rivendicando il diritto dei popoli di autodeterminarsi, acquisisce sempre più stabilità e credibilità?

In una prospettiva di più ampio respiro, non sarà possibile, per il blocco americano ed europeo, competere nella lotta con la multipolarità emergente.

Credo comunque che non siamo ancora giunti al punto di non ritorno. Il mondo unipolare, cioè gli Stati Uniti e l’èlite liberale europea, ha a disposizione molti mezzi: tecnologici, politici, sociali, tecnici, scientifici. Per questo il futuro è aperto.

Non è possibile dire che i globalisti hanno perso e il blocco eurasiatico ha vinto.

È in corso una lotta terribile.

Non è un processo meccanico che ci permette di conoscere i risultati prima della fine.

Questo è un processo drammatico storico che necessita di uno sforzo comune da parte di tutti i sostenitori della multipolarità, che essi siano americani o europei. Questa è una grande guerra comune e dipende dagli italiani, dagli americani trumpisti, dai gilet gialli, dai populisti di destra e di sinistra, dai musulmani, dai cinesi. Da tutti noi dipende il risultato di questa grande transizione.

Perché i  globalisti non vogliono concederci la vittoria. Faranno di tutto per distruggere e uccidere il loro nemico e questo è una grande minaccia.

Non sono solo parole, questo è un momento molto serio e noi che sosteniamo il multipolarismo potremmo anche perdere questa guerra.  Ed è necessario che comprendiamo questo punto, affinché la nostra visione del futuro sia responsabile e matura davanti agli eventi che potrebbero avvenire.

INTERVISTA A CURA DI  MITTDOLCINO


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